imbarazzante
è successo che Mr. Blair, David Blair, corrispondente del Daily Telegraph da Bagdad, entrando in una stanza del ministero degli esteri iraqeno miracolosamente risparmiata tanto dalle bombe quanto da incendi e saccheggi, nonchè del tutto ignorata fin lì sia dai funzionari del ministero che avevano provveduto prima della fuga a far scomparire pressochè tutti i documenti di una qualche rilevanza, sia dall’intelligence alleata che quei documenti indubbiamente cerca, vi abbia trovato una cartellina azzurra, con tanto di etichetta “Gran Bretagna”, contenente una compromettente lettera che dimostrerebbe come il il deputato laburista George Galloway avrebbe ricevuto soldi dal regime di Saddam Hussein
notizia imbarazzante per gli inglesi, come francamente imbarazzante pare il modo in cui è stata trovata
essendo però, appunto, ‘cosa loro’, la stampa nostrana la pubblica con poco risalto e una certa cautela
ma ci pensa Ferrara a colmare la lacuna, dedicando un’intera puntata di 8 e 1/2 alla vicenda, partendo da buon garantista col dire che la storia non è provata, e poi giù a dimostrare, validamente coadiuvato dagli ospiti, che è credibile perchè la (a)moralità del personaggio è nota e, in un crescendo rossiniano, a tentare di estorcere mea-culpa ai pacifisti italiani e a collegare quella, circoscritta, vicenda ai soldi di Saddam che ‘possono essere stati utilizzati allo stesso fine’ [comprare alleati e consensi] anche altrove, il tutto ovviamente per pura deduzione logica (?) e senza lo straccio di una prova o di un indizio
110 milioni di pacifisti comprati, insomma: imbarazzante per lui, per noi, per non parlare dell’imbarazzatissimo co-conduttore
la sfortuna di Galloway sta nel sedere al parlamento britannico, se invece sedesse in quello italiano potrebbe contare anche su Ferrara per garantirsi in ogni caso, sia o meno colpevole, i benefici di immunità parlamentari ed altri attrezzi giuridici vari, pensati apposta per tener lontane le grinfie dei magistrati ‘vincitori di concorso’ dagli ‘unti dal signore’ del voto popolare