Ritorno al passato

[di Natalia Aspesi – Repubblica]

SI ritorna in piazza, oggi a Milano, “per uscire dal silenzio”, un po´ consunte e amareggiate, persino stupite di ritrovarsi al punto di partenza di tanti anni fa: e per fortuna che l´entusiasmo arriva dalle giovani, quelle che solo adesso approdano alle manifestazioni di autodifesa, perché si stanno rendendo conto della grande fregatura che potrebbero subire.
Una fregatura documentata da una esperienza storica millenaria: e cioè che ogni conquista faticata delle donne, come di ogni altro soggetto sociale privo di autentico potere, non è mai definitiva, ma è una specie di parentesi, una tregua armata mercanteggiata quando era inevitabile, concessa per illuderle, zittirle, in attesa di rimetterle al loro posto, che in questo caso, trattandosi dell´interruzione di gravidanza, è quello delle assassine. L´altra sera a “l´Infedele”, partendo dalla manifestazione milanese, si doveva parlare tra intellettuali ed esperti, quindi ai massimi livelli, della 194; «un tema controverso e delicato che ci divide e divide anche noi stessi», ha precisato il conduttore Gad Lerner.
E come si fa da decenni, anzi da secoli, si è finito per discutere e talvolta vaneggiare sull´ irrisolvibile quesito: l´embrione ha l´anima, e da quando? E´ persona umana? E comunque, quando lo diventa: nel momento stesso del concepimento, quando sinceramente lo zigote è l´ultima cosa a cui i suoi eventuali ignari genitori pensano, impegnati come sono in altre meno filosofiche e pur molto impegnative emozioni? Oppure, come discutevano in passato Chiesa, santi, scienziati e re, l´anima si accasa nell´infante tre giorni o quaranta giorni dopo la nascita, oppure solo dopo il battesimo? In questo caso, tanto per fare un po´ di Storia, era normale che se durante il parto il bambino, in tempi più pii e spicci di oggi, rischiava di morire, per evitargli l´orrore del limbo, medici ma anche sacerdoti aprivano gagliardamente la pancia che lo conteneva e lo battezzavano, per permettergli di morire cristiano prima ancora di respirare, ovviamente assieme alla incolpevole mamma squarciata e forse destinata all´inferno. Solo le signore anziane ricordano lo spavento provato da piccine quando veniva loro raccontato come, quando ancora capitava che in un parto pericoloso era necessario scegliere se salvare la madre o il bambino, la decisione era affidato al marito, il quale santamente spesso sceglieva il bambino. Arrivati nell´angoscioso dibattito all´aberrazione di equiparare aborto e Olocausto, (“insomma non proprio ma quasi”), con Lerner a quel punto giustamente fuori di sé, si è definitivamente chiarita ancora una volta la natura criminale delle donne schierate nella difesa della legge che consente l´interruzione di gravidanza. E´ una storia vecchia, che risale a non si sa quando, Eva ne sapeva già qualcosa, i cenobiti della Tebaide poi ne erano i massimi cultori: la natura diabolica delle donne ha consentito di farle fuori (tuttora, in certi paesi) ogni volta che era possibile per il bene loro e del mondo. E´ stato Ceronetti, trent´anni fa, con un memorabile articolo, a dare corpo con la sua drammatica ironia alla visione horror di chi pregava per la vita: gli uomini vivono circondati da assassine, un´assassina li ama, un´assassina cura i loro figli, un´assassina rifà i loro letti ogni mattina, assassine sono il loro avvocato, il loro medico, la loro segretaria. Poco tempo fa la neocon Lucetta Scaraffia sul Corriere della Sera ha parlato della “irruzione dell´aborto nella sfera della legalità”, che è una bella immagine di spavalda violenza (da parte dell´aborto). E anche l´altra sera si percepiva la stessa spavalda violenza, questa volta però da parte di chi vuole salvare lo zigote e la sua anima dall´irresponsabile contenitore femmina, per fare irrompere l´aborto nella sfera della clandestinità, in quel buio, in quell´ombra, in quel silenzio, in quella ipocrisia, dove la donna torna ad essere una criminale, un corpo colpevole di peccato e reato, una che va punita col rischio della vita, con la percezione della sua illegalità, con l´orrore di sé. All´Infedele gli schieramenti erano particolarmente inusuali ed efficaci: uomo contro uomo, donne contro donne. Un sommo storico della Normale di Pisa, elegante ed educato, autore di un magnifico libro, “Dare l´anima, storia di un infanticidio”, Adriano Prosperi, si limitava a scuotere la testa disperato per l´arroganza del ministro dei Beni culturali e filosofo Rocco Buttiglione. Che con quel suo bizzarro sorriso di irresponsabile superiorità e l´improntitudine marca CdL, si inventava sue teorie tacciando di inesattezza e falsità il grande studioso: chissà perché poi, visto che si parlava di infanticidio e non di aborto, e di orrori avvenuti secoli fa. Tra le signore, da una parte c´era il nuovo tipo di crociata cristiana, graziosa, colta, elegante, sorridente, pacata, appassionata di modernità, soavemente integralista: Marina Casini, figlia di quel celebre magistrato Carlo che negli anni ´70 terrorizzava chi manifestava per ottenere la legalizzazione dell´interruzione di gravidanza e tuttora è presidente del Movimento per la Vita: con lei la ginecologa all´ospedale di Monza Patrizia Vergani, ciellina dall´aria punitiva malgrado la leggiadra lunga trecciona bionda, che si vantava tra l´altro della somma capacità di gestire la sua sessualità, tanto da non offendere nessun precetto cristiano. Dall´altra tre grandi signore di un tempo anche se ancora giovani, tra quelle che non si sono risvegliate clericali: oggi appassionate e immalinconite, impreparate al nuovo stile avversario, minaccioso e trionfante, eppure così sapienti, così generose, e per questo forse così antiche e inascoltate: la sociologa Chiara Saraceno, le storiche Gianna Pomata e Anna Bravo, colei che “non affatto pentita” delle battaglie della giovinezza si è recentemente posta il problema di quanto allora si era ignorato, l´eventuale sofferenza del feto, la violenza dell´aborto. Ci deve essere una scuola speciale per insegnare all´esercito di chi, politico o scienziato o studioso o bella signora, milita nella destra integralista e liberista e si è gloriosamente impegnato a vincere le elezioni e a azzerare le libertà secondo la visione predicata da Ruini e da Pera. Non lasciano parlare, spostano sempre la discussione sui massimi sistemi eliminando la realtà, le persone, la vita, oltraggiando l´intelligenza con valanghe di percentuali incontrollabili e caotiche (esemplare il premier nello snocciolare sui suoi affranti e ammutoliti avversari “il 47,9% del 12,3% significa una diminuzione dell´8,24%” non si sa più di che cosa).
Malgrado la capacità e l´esperienza di Lerner sono rimaste nell´ombra, nel buio, le donne che oggi vivono il dramma personale dell´aborto senza doversi, per ora, sentire criminali; quell´ombra, quel buio evocato da Prosperi, in cui nei secoli le donne hanno vissuto come una colpa le loro tragedie e la spossessione del loro corpo continuamente indagato e controllato dalle autorità religiose e secolari. Sole, come sempre, perché nel confronto di idee, a nessuno è venuto in mente di chiamare in causa anche gli uomini, che pure hanno una certa partecipazione e responsabilità nel concepimento. Come un tempo quando se non gli garbava, se ne lavavano le mani, essendo la “colpa” esclusivamente di quella peccatrice della donna. Poi si sa, con un certo fastidio, si sono prospettate eventuali elemosine per i mesi della gravidanza, come se si rinunciasse a un figlio solo per una contingente mancanza di spiccioli: e dopo? Piacerebbe chiedere al professor Buttiglione che lacrima su non so quanti milioni di bambini non nati, se il suo governo, qualsiasi governo, lui stesso, sarebbe stato, sia, in grado di sostenere una simile bomba demografica, generosamente aiutando le madri, le famiglie, a tirarli grandi quei bambini, ad amarli, a educarli, a vestirli, a dargli una casa, una scuola, una assistenza sanitaria, insomma un futuro: quando almeno in questa legislatura, non si riesce a farlo con chi già c´è.

aborti siete voi

lo so, è facile per chi non ha più l’età, per chi ha già dato (e avuto) scrivere quel che sto per scrivere, ma è dai tempi del referendum sulla fecondazione assistita che lo covo

vorrei che le donne riuscissero ad ergersi davanti agli aborti che si permettono, in questi giorni più che in altri, di giudicarle e di pretendere ancora e sempre il loro dolore e e le loro lacrime, con l’unica risposta che meritano, loro e il mondo che li esprime e che “sa sempre tutto” sulla pelle degli altri

fateveli da soli, ‘sti figli

e, per una volta, citerò Il Foglio

Guia e l’aborto (un problema che non riguarda coloro che ne parlano)

UN’OBIEZIONE RADICALE ALLE POSIZIONI DEL FOGLIO. LA RIVENDICAZIONE DELLA POSSIBILITÀ DI DARE O NEGARE LA VITA

Il bello è che non ne parla mai chi sa di che cosa si stia parlando. Ne discettano tutti da studiosi, col loro bravo riflesso pavloviano “l’aborto-è-un-dramma”. L’altra sera, a Matrix, l’aborto era un dramma per tutti i dibattenti. Detto da chi difendeva la 194, faceva un po’ tenerezza: una legge che è come un parente un po’ scemo, da difendere pur vergognandosene. A un certo punto è comparsa una signora e ha detto che è inutile continuare a parlare di contraccezione, nei paesi ad alto tasso di contraccezione le donne abortiscono come altrove. Ottimo. Quindi la contraccezione non serve, l’aborto è una tragedia dell’umanità, riproducetevi come coniglie e andate in pace. Il bello è che non parla mai chi è interessato all’argomento. A dibattere di quel che devi fare se ti accade di aspettare un figlio senza averne alcuna voglia sono sempre uomini senza figli (vescovi e non) e donne ormai al sicuro da quello scivoloso crinale che è l’arco dell’età riproduttiva e che, mi piace pensare, in gioventù abortirono – con dramma interiore, si capisce – e ora ne sono talmente pentite da voler risparmiare a tutte noi questa possibilità. Non si può dire che non siano altruiste. Certo hanno le stesse probabilità di finire in un consultorio a elemosinare Ru486 e a ricevere buoni consigli da quelli che preferiscono la riproduzione (specie se praticata da altri) che ho io, e la somma di queste probabilità è zero. Il direttore di questo giornale, che ha fatto la sua brava campagna per astenersi dal voto e dalla creazione di embrioni, e l’ha fatta giurando che era orrendamente in malafede chi pensava quella per la fecondazione fosse la prima tappa di una lunga campagna che aveva per obiettivo ultimo l’aborto, ha detto che per carità lui non vuole tornare all’aborto illegale. Pochi secondi dopo ha dichiarato il proprio obiettivo: il numero di aborti effettuati dev’essere portato a zero. Enrico Mentana avrà avuto le sue buone ragioni per non chiedergli come pensi di conciliare le due cose: niente aborti legali, niente aborti illegali… iniezioni obbligatorie di senso materno? Sterilizzazione? Certo non semplice contraccezione, visto che di lì a poco la sua sparring partner ha appunto argomentato che è inutile, le cittadine di quei paesi sciamannati in cui si fa dissennato utilizzo di contraccezione fanno uso altrettanto dissennato di interruzione di gravidanza. Avrò sicuramente capito male, ma mi è sembrato di cogliere il percorso auspicato dal direttore di questo giornale nella sua risposta a una domanda sui volontari del Movimento per la vita. Usando più o meno le stesse parole che di lì a poco, in un servizio, avrebbe usato proprio uno dei volontari in questione, l’uomo che vuole zero aborti legali e zero illegali ha detto che le donne convinte dai volontari pensavano di non volere figli “in un primo momento”, ma “poi sono contente”. Queste sciocchine. Puoi convincerle a cambiare idea sulla loro volontà di fare un figlio con la stessa facilità con cui le puoi convincere a comprare una gonna in saldo. Puoi convincerle a fare un figlio e poi non potranno che esserne contente, è ineluttabile, tutti i genitori amano i figli, si sa, tutti gli esseri umani sono dotati di istinto genitoriale, diamine. La settimana scorsa questo giornale, che quando si tratta di sostenere le proprie idee non va troppo per il sottile, ha pubblicato la lettera dei genitori di Holly Patterson, che due anni fa morì di infezione dopo aver preso la Ru486. Aveva diciassette anni. Io non ho ben capito, ma è sicuramente un limite mio, perché da queste parti ce la si abbia tanto con la Ru486. Ho l’impressione che non sia perché si sta con la salute delle donne invece che con la lobby dei medici, che sia piuttosto un problema di “se devi abortire, che almeno la cosa ti sia di un qualche peso, niente vie brevi e niente anestesia generale, ché devi stare ben sveglia e renderti conto della porcata che stai facendo” – ma sono certa di stare travisando. Dunque c’era questa lettera, in cui i genitori – che avendo scelto all’epoca di generare e non di abortire sono evidentemente persone migliori di me e persino della loro stessa defunta figlia – scrivevano che “Holly non era una ragazza sola, disamata, senza protezione o appoggio”. Quella ragazza amata e appoggiata dai genitori, quell’abitante di una famiglia felice di quelle che si creano solo in una cultura della vita, preferì morire piuttosto che rivelare ai suoi genitori che aveva fatto una cosa turpe come scegliere di non avere un figlio a diciassette anni. Lo so, non bisogna infierire su persone devastate dal dolore. Ma loro per quanto devastati sono vivi, e mi piacerebbe sapere se alla povera Holly, morta di emorragia per non farsi sgridare, avevano insegnato i fondamentali della contraccezione. Aveva diciassette anni, mica sette. Io ero certamente disattenta. Probabilmente confusa dalla visione dei volontari del Movimento per la vita, impegnata a pensare che “fanatismo religioso” fosse una tautologia, con un calo di concentrazione dovuto all’ora tarda. Perché giurerei che, nel dibattito su Canale5, il direttore di questo giornale abbia detto che “la salute della donna risiede nella sua capacità di generare” – e questo non può essere vero, giusto? Non può averlo detto, dico bene? Non tanto e non solo perché sarebbe troppo sprezzante nei confronti di tutte le donne che scelgano di non generare, perché sancirebbe la figura della donna-come-fattrice- punto. Quanto perché giurerei che, nel corso del dibattito sull’astensione dalla procreazione assistita e dal voto, lo stesso direttore di questo stesso giornale argomentasse che la sterilità non è una malattia che va curata, ma una condizione naturale da accettare come tale. O forse ero distratta anche allora, e ho capito male. Facciamo finta di essere d’accordo su una premessa: si abortisce a quindici anni, non a trenta. Una donna adulta che non abbia ancora imparato a mandare a quel paese gli uomini che “con il preservativo non mi tira”, gli uomini che “stai tranquilla ci penso io”, e in generale a gestirsi accortamente le poche ore di fertilità che le capitano ogni mese, una donna così è adulta solo formalmente. Le gravidanze indesiderate sono un accidente di gioventù, di quell’età dell’innocenza in cui è ancora lecito pensare che gli uomini preferiscano essere informati della questione e partecipare alla decisione se abortire o procreare, di quel periodo di incertezza in cui è lecito non sapere se un figlio lo si vuole o no, e magari fare conversazione con un volontario può convincerti in un senso o nell’altro. Una donna adulta che – ops – resta incinta per sbaglio, e – ops – credeva di voler abortire ma le si può far cambiare idea come sull’acquisto di un cappotto che tutto sommato non le dona, una donna così è un’idiota. Vanno protette, le idiote, quelle che credono “che all’ottava settimana sia un grumo” e quando vedono l’immagine con le braccine sono così commosse che improvvisamente sono pronte a essere madri? Vanno salvate da loro stesse? E, se sì, è più protettivo nei loro confronti forzarle a riprodursi, mettendo al mondo figli indesiderati (al netto della poetica poi-sei-contenta), o a lasciar perdere, ché la maternità è questione che necessita di un po’ di sale in zucca, e non si capisce perché aprire una salumeria richieda una licenza e prendersi a vita la responsabilità di un altro essere umano neppure richieda un test psicoattitudinale? (Sì, sì: i figli si sono sempre fatti senza tante storie. Sì, sì: torniamo nelle caverne). Siccome Dio esiste e traccia i palinsesti, a interruzione del dibattito sull’aborto c’era uno spot della Mister Baby: la città pullulava di donne col pancione, e la voce fuori campo spiegava, casomai ce ne fosse bisogno, che da quando ci sono meravigliosi biberon e gadget assortiti della Mister Baby “cresce la voglia di diventare mamma”. Diteglielo, ai volontari, che basta così poco: invece di stordirle di chiacchiere, le gravide, si presentassero con un biberon in omaggio. Le sciocchine si lasceranno convincere. (Poi c’è la questione del “sostituirsi a Dio” e “chi sei tu per scegliere di dare la vita e la morte?”. Lieta di apprendere che Dio c’è per certo – mica ci si può sostituire a qualcuno che non c’è, no? – provo a rispondere: sono una che può dare la vita, e anche decidere di non darla. Spiacente, è una discussione impari. Magari nella prossima vita sei fortunato, nasci con un utero, ma per ora non puoi praticare nessuna delle due opzioni. Quanto al delirio di onnipotenza, segnalo il caso di scuola del “dare la vita per interposto parto”: la signora della Mangiagalli e l’orgoglio del suo sguardo nel raccontare, fingendo di schermirsi, delle madri che dicono ai neonati “non fosse per questa signora tu non saresti nato”. Poi lo scaricano a lei, il pupo, quando si accorgono di non essere portate per il mestiere di madre?) Il bello è che non parlano mai quelle che non sono né me né le dibattenti televisive. Quelle che, in caso di bisogno, vanno davvero in un consultorio. Ne parliamo noi, che abbiamo stipendi sufficientemente alti e assicurazioni sanitarie sufficientemente buone da, in caso di bisogno, andare non dal macellaio da ambulatorio mostrato in tv l’altra sera, ma in una qualche serissima casa di cura privata che scriva “raschiamento” sulla cartella clinica. L’abbiamo sempre fatto, perché sulla legalità prevale la comodità, lo faremmo anche se l’aborto fosse illegale. Il rappresentante del Movimento per la vita, osasse questionare sulle nostre decisioni, verrebbe trattato come un rappresentante di aspirapolveri. Ma non se ne darà l’occasione, perché noi dal consultorio non ci passeremo comunque. Non è un nostro problema. E’ un problema delle extracomunitarie, delle pocotenenti, e delle tredicenni. Quelle stesse tredicenni di cui, sempre l’altra sera in tv, un infermiere di un ospedale romano lamentava non usassero il preservativo e poi andassero a chiedere la pillola del giorno dopo. Ecco, io preferirei che qualcuno, magari genitori che si organizzino prima per non piangerne la morte per aborto malfatto dopo, insegnasse loro un paio di banalità sulla contraccezione. A quel punto, potrò anch’io iniziare a scandalizzarmi per le cose veramente importanti, quelle per cui l’altra sera in tv si scandalizzava il direttore di questo giornale: che per l’infermiere la pillola del giorno dopo fosse affare così banale da trattarlo con strascicata cadenza romanesca. A quel punto potremo tutti riguadagnare un po’ di stile, smettendo di sporcarci le mani con una bruta realtà fatta di sangue, sperma, dialetti.

Guia Soncini

…e vongole… fujute (credits)

“Pur di sopravvivere, Berlusconi è deciso a trasformare un argomento serio in un osso da lanciare all’alleato più ringhioso, l’Udc, per continuare a tenerlo legato. Sarebbe una proposta umiliante se soltanto l’oggetto di tanto disprezzo, il partito di Follini, si ponesse il problema. Ma non se l’è posto, ha afferrato l’osso e ha smesso subito di ringhiare. Diventa sempre più difficile prendere sul serio questi moderati alle vongole.” (repubblica)

cozze…

“Provate a staccare una patella dalla roccia e resisterà tenacemente, al punto da rendere impossibile rimuoverla senza danneggiare la conchiglia. E’ lo stesso dilemma che stanno affrontando i riformatori del governo italiano nel tentativo di indurre Antonio Fazio a dimettersi senza danneggiare la Banca d’Italia” (FT via Repubblica)

nuovi mestieri

lo sospettereste che esiste un povero cristo, che risponde la nome di Francesco Giro, che di mestiere fa il «consigliere politico di Sandro Bondi»? (fonte)

che ssa’ da fa’ per campa’

vai clementina

il gip di Milano Clementina Forleo è evidentemente una gran donna, una che il senso civico se lo porta anche a casa e non solo sul lavoro, dove le tocca per contratto, il che non è scontato, leggere per credere

la nostra polizia, come tutte le polizie, è sempre debole coi forti e forte (e vessatoria) coi deboli; ieri mattina ho assistito al seguente sopruso: un extracomunitario di aspetto magrebino se ne stava tranquillamente appoggiato al muro, facendosi i fatti suoi come chiunque è autorizzato a fare in democrazia e in tempo di pace, era anche solo, quindi nemmeno di “adunata sediziosa” si poteva sospettare, e non stava nemmeno cercando di vendere nulla; ma lui a quella “libertà” non ha evidentemente diritto, secondo la volante che gli è passata a fianco, gli ha suonato 5 o 6 volte il clacson, e quando lui finalmente ha capito di esserne il destinatario (c’era nel contempo un traffico notevole), il poliziotto gli ha fatto con la mano l’inequivocabile gesto di “smammare”, al quale il “debole”, ovviamente, ha dovuto obbedire, girando l’angolo e allontanandosi

io non sono la signora Forleo, e l’episodio è stato troppo rapido per consentire di intervenire, e per di più stavo intrappolata nel traffico in senso contrario, ma mi ha dato il voltastomaco: poi, dice, “ci odiano”? e perchè non dovrebbero?

ancora e sempre 2 agosto

lo so: i morti dovrebbero essere tutti uguali, vicini o lontani che ci siano, ma è umano che nella realtà così non sia, credo
è per questo che le comunità colpite da tragedie, a maggior ragione se causate dall’uomo, se ne sentono sempre personalmente toccate
a me capita con due tragici eventi della nostra lunga storia di stragi: quella di Bologna, oggi è il 25° anniversario, la città in cui sono nata, e quella di Piazza della Loggia a Brescia, la città in cui sono cresciuta

vorrei sentire oggi le parole che in molti ci aspettiamo dai leader dell’Unione, e cioè che una volta al governo, questa volta, elimineranno il segreto di stato per i reati di strage

informazione

per noi è diventato normale non avere più (ormai da mesi) notizie di prima mano dall’Iraq, ma solo i “pastoncini” propinati dallo specialista di ogni rete sulla base di agenzie e delle scarse notizie ufficiali

e così, per mancanza della linfa vitale, le pseudo-notizie su quella sanguinosa guerra scivolano nelle ultime posizioni in Tg e giornali e sbiadiscono nella consapevolezza delle persone

succede dopo le note vicende dei sequestri e dei riscatti pagati, che hanno salvato gli ostaggi, quando lo hanno fatto, mettendo però in pericolo ogni nostro connazionale nell’area e causando il precipitoso rientro di tutti i giornalisti italiani

e qui nessuna voce protesta, nessuno chiede conto di un’informazione così tarpata, e quindi nell’impossibilità di fare il suo mestiere, anche perchè tutti, anche nell’informazione oltre che nella sinistra, hanno la cattiva coscienza di aver appoggiato, quando non chiesto a gran voce, senza sfumature e senza porsi domande quella scelta di trattativa, in una piatta complicità che non permette oggi di esercitare alcuna forma di controllo su come un governo, un intelligence e un premier del tutto incapaci, ma ricchi, abbiano poi condotto effettivamente le cose

forse qualcuno si culla nella provinciale illusione che sia lo stesso per tutti i paesi coinvolti?

vi assicuro di no: ogni canale della BBC, incluso quello scozzese, ha il proprio corrispondente in Iraq ancora al suo posto e sulla notizia, o almeno a Bagdad

la nostra assuefazione, e la nostra acquiescenza, a un’informazione ormai completamente addomesticata e prona sono disperanti