dunque
Giulietto Chiesa: «Dunque non solo non c’erano armi di distruzione di massa, ma avevano deciso di fare la guerra all’Iraq prima ancora di porsi il problema se vi fossero.»

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si parli pure malissimo di me, purchè se ne parli, dicono sia una regola d’oro della pubblicità, ma forse non lo è altrettanto se il “prodotto” è un leader politico, o almeno non lo è per B. che ha risposto al googlebombing organizzato da un folto gruppo di blog, questo incluso, con un efficace e semplicissimo espediente tecnico
però il suo amicone george dabliu non l’ha fatto, perchè?
il governo delle 3 i non si deve essere reso conto che la contromisura è esorbitante rispetto al problema: adesso infatti la biografia di B. sul sito di palazzo chigi, il miserabile fallimento, non può più essere trovata su google con nessuna chiave di ricerca: provate, io l’ho fatto

boselli
c’è anche malafede, almeno da parte di tg1 e tg2, nel riferire sempre e solo notizie dell’opposizione restringendo il campo alle beghe interne per la lista alle europee, ma fatto sta che sempre quella zuppa, da un pezzo in qua, ci tocca; e così alcuni nomi sui quali di solito scende un benefico e pietoso velo, di questi tempi risuonano invece alti e forti
per evitare noiose elencazioni e possibili, ma inutili, difese d’ufficio (ma quello da magistrato…; pero’ lui come sottosegretario…; almeno sempronio sa fare il sindaco… ecc) ne cito uno per tutti, onnicomprensivo per così dire, uno che a citarlo non s’inquieta nessuno, nemmeno lui: Boselli
no, non gliela perdonerò mai a B. di essere un governante a tal punto inaccettabile e pericoloso da costringermi, per pura sopravvivenza, a votare domani un boselli qualsiasi
[NdA: No, Sempronio Non è Rutelli]

a proposito
leggo ora questa citazione da un libro di Luciano Gallino: per i top manager «l’industria, a ben vedere, è in fondo solamente un’appendice fastidiosa della finanza, perché obbliga a faticare di più mentre fa guadagnare di meno. Convinzione alla quale si appaia la credenza metafisica per cui un buon manager è intrinsecamente onnicompetente; se ha dato buona prova, putacaso, nel dirigere un istituto finanziario, si può esser certi che saprà eccellere anche nella direzione di una fabbrica di laminati plastici – o viceversa. È una variante del principio di Peter, in base al quale, com’è noto, ciascuno raggiunge prima o poi il livello di incompetenza che gli è congeniale»
[credits]

montecarlo
a proposito del caso parmalat, Massimo Giannini su Repubblica, fra l’altro, dipinge i risparmiatori come «l’eterno, disarmato parco buoi di Piazza Affari, ancora una volta sacrificato da un capitalismo disonesto e straccione sull’altare dei profitti in nero e dei conti miliardari nei paradisi fiscali»
il che è naturalmente vero, ma anche lapalissiano, a me lo diceva mio padre quando ancora la borsa era una cosa di cui nessuno parlava, gli operai non avevano nemmeno il conto in banca, figuriamici titoli pubblici o privati che fossero, il “parco buoi” erano i piccoli borghesi allora emergenti, e io ho continuato a pensarlo anche nei giorni della grande euforia di borsa, mai persuasa da quelle strane teorie, degne di moderni venditori di fontane di trevi, che i soldi di per sè possano fare soldi, vero albero del pane, che il mercato finanziario sia l’unica isola felice in cui se qualcuno guadagna non c’è nessuno che perde e via sproloquiando; e se non sei un signor nessuno, come me, non c’è da chiedersi chi perderà, sarai tu sicuramente prima o poi; sui grandi numeri le eccezioni confermano la regola, come si sa
e personalmento ho anche più di un dubbio che il problema sia il nostro capitalismo straccione: certo magari noi siamo un po’ più beceri e scoperti, ma se i paradisi fiscali esistono, se ne esiste uno, ad esempio, proprio nel paese maestro di capitalismo, il Delaware, vorrà pur dire qualcosa
quindi non ci rimane che mettere i nostri soldi nel mattone, se ne abbiamo a sufficienza, o sotto in caso contrario, e se proprio ci coglie la fregola di giocare, a montecarlo abbiamo le stesse probabilità, però ci si diverte parecchio di più

pera chi?
non sarà che, dopo gli sproloqui su “nuovi miracoli” economici coi quali irritualmente il governatore Fazio auspicò prima e salutò poi la vittoria di B., io mi metta a difenderlo, ma ancora una volta è questione di classe: i vecchi democristiani ce l’hanno, i berluscones no

iniziamo bene l’anno nuovo
ricordando le censure di quelli precedenti, come fa impeccabilmente e implacabilmente Megachip

il timbro
Primo Casalini: «L’altra sera, a casa di amici per il brindisi delle feste, il padrone di casa ci ha detto: “Ed adesso vi mostro la fotocopia del mio certificato di nascita”. Non è che fossimo tanto ansiosi di vederla, quella fotocopia, ma la meringa ed il moscato di Pantelleria ci avevano assai ben disposti. Nessuno ha detto e neppure pensato l’Ecchecifrega!! usuale alla Balduina od al Testaccio in simili evenienze. Il certificato non era altro che un certificato di una volta: con molte parole scritte a mano e poco di prestampato. Solo che c’era una scritta apposta con un timbro, di quelli grandi e quadrati. Una scritta non brevissima: “Si certifica che il giorno tale dell’anno tale (1938) è nato a . un bambino di razza ebraica il cui nome è etc etc”. Si possono leggere dei libri e degli articoli, si possono vedere dei film, ascoltare delle conferenze, andare a manifestazioni e tante altre cose, ma vedere quella fotocopia per me ha significato prendere veramente atto del fatto che nel nostro paese c’è stato chi ha fatto quella legge, chi l’ha tradotta in burocratese, chi ha dato disposizioni agli uffici competenti, chi ha detto che un timbro sarebbe stato utile, chi l’ha ordinato, chi l’ha disegnato e prodotto, chi l’ha utilizzato. Così, normalmente, come un adempimento banale da svolgere con scrupolo o con fiacchezza, ma comunque da svolgere tranquilli, senza se e senza ma: un certificato fra tanti altri.» [credits]

tanto per incazzarsi
«Il gatto con gli stivali ha trasformato la presidenza del Consiglio in un ufficio che cura esclusivamente i suoi interessi giudiziari, le sue proprietà, gli affari di famiglia e di famigli. Davvero incredibile». Paolo Mieli/2, Il Corriere della Sera, 23 dicembre. [credits]
pensarci prima, no?

[mi associo]
Vittorio Zucconi: «Un augurio di Buon Natale non vuol dire che il mio Dio è più grosso del tuo, come disse uno stupido generale americano, Boykin, fortunatamente rimosso subito dopo dall’incarico, né che io sono migliore di te, soltanto perché accendo le lucine con il timer quando viene la sera. Non significa che tutti devono credere, né che un cristiano su un carro armato con un cannone da 150 millimetri davanti sia un esemplare portatore del messaggio rivoluzionario di Betlemme.

Vuol dire quello che i soldati inglesi e i soldati tedeschi intuirono il 25 dicembre del 1914 quando, senza che nessuno glielo avesse suggerito, e sotto lo sguardo sbigottito dei loro ufficiali, scavalcarono spontaneamente i parapetti delle trincee opposte e attraversarono la terra di nessuno che li divideva, disarmati, per abbracciarsi e stringersi la mano, prima di ricominciare a massacrarsi per i quattro anni successivi. Esprime il dubbio, oggi quasi blasfemo e molto fuori moda, che spararsi addosso non sia mai la soluzione, ma il problema, e contiene la sospensione, anche per un solo giorno come nel 1914, della certezza amara che finita la prossima “guerra giusta”, un’altra, naturalmente ancora più giusta, ricominci.»