[archeosatira – i corsivi di Fortebraccio] Mario Melloni su L’Unità, 1973
Le cronache del primo incontro tra il nostro presidente del Consiglio on. Andreotti e il presidente Nixon alla Casa Bianca, quali si potevano leggere sui giornali di ieri, erano unanimi nel registrare un particolare clima di simpatia e cordialità. I due uomini non si conoscevano – notava il Corriere della Sera – ma «hanno subito ‘sintonizzato’». Ora, può ben darsi che l’on. Andreotti sia compiaciuto di questa «sintonizzazione», ma noi personalmente, se per caso «sintonizzassimo» con uno come Nixon, preferiremmo non farlo sapere.
L’arrivo del nostro presidente del Consiglio «da Williamsburg, dove aveva trascorso la notte con il suo seguito» (Dio mio, che confusione) è stato un po’ misterioso. Ha scritto infatti Il Popolo: «Dalla ‘ellipse’ dove atterrano gli elicotteri che non trasportino il presidente, l’on. Andreotti si è trasferito in automobile». Quel «non trasportino» è oscuro. Quando gli elicotteri, negli USA, trasportano il presidente, dove lo depositano? Sugli alberi? Sia come si voglia, l’ospite italiano è felicemente arrivato col suo seguito davanti a Nixon che lo attendeva sulla scalinata come Wanda Osiris e qui (è sempre Il Popolo che riferisce) «la banda dei marines ha eseguito alla perfezione l’inno di Mameli». […] Mentre la banda dei marines eseguiva «alla perfezione», dopo infinite prove, l’inno di Mameli «una batteria piazzata sulla ‘ellipse’ sparava 17 colpi di cannone». Ecco un omaggio gentile ma superfluo, perchè quando il presidente Nixon vuole accogliere un ospite col saluto delle armi, basta che lo preghi di tendere l’orecchio: dalla Cambogia e dal Laos si sente benissimo il fragore delle bombe dei B52 che sterminano le popolazioni inermi.